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Caso 131

Non pensare

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Un nuovo monaco del Clan dell'Orma di Elefante si accorse che tutti i fratelli sotto la guida del maestro Bawan rispondevano prontamente alle domande, senza la minima pausa. Quelli che esitavano ricevevano un rapido colpo sulla testa con il bastone del maestro, dopodiché dovevano rimanere in silenzio per il resto della giornata—assumendo, ovviamente, che il colpo non li avesse privati dei sensi.

Il monaco giovane chiese a uno dei fratelli: “Perché Bawan punisce quelli che tardano a rispondere?”

“Perché pensa che stiano pensando” disse il fratello più anziano. Indicò una riga di teschi messi su una mensola sopra la porta del maestro. Alcuni erano sbiaditi e impolverati mentre altri sembravano essersi appena separati dai precedenti proprietari, ma incise sulla fronte di ognuno stavano le parole NON PENSARE nell’inconfondibile grafia del maestro.

Il monaco anziano si congedò, lasciando il più giovane a riflettere sull’algoritmo di Bawan.

- - -

Un po’ di tempo dopo questi stessi due monaci stavano lavorando furiosamente di notte per aggiornare uno dei venerabili database di documenti del clan. Sistemi critici vennero messi offline mentre vecchi documenti venivano migrati ai nuovi server.

Lo script di conversione rimase in esecuzione per ore, ma fallì vicino alla fine per un problema minore. Una seconda esecuzione fu iniziata, ma poiché l’alba si stava avvicinando i monaci specificarono che qualunque documento già scritto dal primo script avrebbe dovuto essere saltato.

Mentre la seconda esecuzione saltava la porzione del database che la prima aveva già processato, Bawan notò qualcosa di curioso. Diverse migliaia di messaggi di stato simili a questo comparvero sullo schermo:

   documento 2677091: saltato (già esiste)
   documento 2677092: saltato (già esiste)
   documento 2677093: saltato (già esiste)

Eppure ogni tanto ne appariva uno simile a questo:

Yet once in a while one would appear which looked like this:

   documento 2677094: saltato (già esiste) (** sorgente più recente)

“Perché la differenza?” chiese Bawan.

“Non saprei dire” disse il monaco più anziano velocemente.

Bawan grugnì e colpì la guancia dell’uomo col retro della mano. Quindi si girò verso il monaco più giovane.

“Perché la differenza?” ripeté.

In quell’istante—la sua mente che formava immagini della mano del maestro e del suo bastone—il monaco giovane ebbe un’illuminazione.

“Differenza di tempo” dichiarò il monaco più giovane. “Quando prendiamo un documento sorgente dal vecchio server preserviamo la sua data di modifica, e poi creiamo il documento di destinazione. Ma se gli orologi di sistema non sono sincronizzati, lo script a volte crede che la sorgente sia più recente della destinazione.”

Il maestro trovò una piccola discrepanza temporale tra i due server. Annuì in approvazione e se ne andò, lasciando il giovane monaco a crogiolarsi nella soddisfazione di aver capito l’algoritmo di Bawan.

- - -

Il giorno dopo Bawan ordinò al clan di radunarsi fuori dal suo ufficio. Mentre tutti aspettavano che il maestro comparisse, il monaco anziano sussurrò che Bawan aveva passato l’intera giornata mettendo insieme le prove che dimostravano come la discrepanza temporale fosse la causa degli strani messaggi.

“Cos’ha scoperto?” chiese una monaca.

“Niente del genere” disse il monaco anziano. “In verità, un server era stato lasciato in esecuzione durante la migrazione, quindi gli utenti stavano ancora facendo modifiche nel vecchio database. La seconda conversione ha saltato questi documenti con l’avvertimento. Quando il traffico fu dirottato al nuovo database, le modifiche successive degli utenti hanno reso il recupero delle vecchie modifiche impossibili. Sarà un grande imbarazzo per il clan.”

La discussione si interruppe improvvisamente quando Bawan emerse dal suo ufficio con una scala, che poi salì per mettere un nuovo teschio luccicante sulla mensola sopra la propria porta. Le fattezze del teschio ricordavano quelle del giovane monaco, che non si era visto per tutto il giorno. Come prima, le parola NON PENSARE erano incise sulla fronte. E sulla mascella—invisibile a chiunque stesse sotto la mensola ma piuttosto leggibile mentre il maestro portava su il teschio—c’era solo la parola SAPPI.

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