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La maestra Suku e i suoi tre novizi erano arrivati al tempio dove sessanta monaci dagli occhi rossi lavoravano freneticamente a ogni ora del giorno e della notte.

“Come vi siete ridotti in questo stato?” Suku chiese a un monaco stanco.

Il monaco rispose: “Di tanto in tanto, l’abate capo promette molte cose alla governatrice provinciale. Molto bene diciamo, ma abbiamo bisogno di più sviluppatori, e l’abate acconsente. Eppure ci troviamo sempre a un mese dalla scadenza quando ce ne servono due. Temiamo per la nostra salute.”

“Dovrò parlare all’abate” disse Suku.

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Lo studio dell’abate capo era mezzo sepolto sotto programmi, tabelle salariali e report di stato scribacchiati in inchiostro rosso. L’abate stava passeggiando nervosamente avanti e indietro.

“Come vi siete ridotti in questo stato?” Suku chiese all’abate capo.

L’abate rispose: “Di tanto in tanto, i miei monaci mi dicono che hanno bisogno di più sviluppatori per rispettare le scadenze della governatrice provinciale. Molto bene dico, pregherò la governatrice di fornirci i fondi necessari, e la governatrice acconsente. Eppure consegniamo sempre una funzionalità quando due erano state richieste. Temo per la mia testa.”

“Dovrò parlare con la governatrice provinciale” disse Suku.

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La governatrice e il suo tesoriere stavano discutendo le lamentele del tesoriere, avanzate perché i conti della provincia erano in rosso. Poiché la testa del tesoriere era stata appena separata dal suo corpo, la conversazione ne risultava lievemente monca.

“Come vi siete ridotti in questo stato?” chiese Suku alla testa del tesoriere.

La governatrice rispose: “Di tanto in tanto, l’abate del tempio tiene il mio software in ostaggio finché non gli do più soldi. Molto bene dico, ma per il doppio dei soldi voglio il doppio del lavoro, eppure l’abate acconsente. Tuttavia, trovo sempre il doppio delle carenze rispetto al rilascio precedente. Temo che i monaci non siano abbastanza motivati, e il loro abate mi prenda per una ricca stolta.”

“Dovrò parlare con i miei novizi” disse Suku.

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I novizi stavano aspettando fuori dal tempio quando la loro maestra tornò, con le guance rosse per la frustrazione.

“Come vi siete ridotta in questo stato?” chiesero i novizi a Suku.

La loro maestra rispose: “Di tanto in tanto, è la stessa storia. Se non interveniamo, l’anno prossimo ci sarà il doppio dei monaci qui, poi il doppio ancora, e ancora la governatrice provinciale sarà insoddisfatta. Temo che la voglia dell’abate di placarla abbia avuto piuttosto l’effetto contrario.”

“Cosa facciamo ora?” chiesero i novizi.

“Voi parlerete con l’abate” disse Suku. “Ditegli che Suku ha architettato una soluzione al suo problema e l’ha presentata alla governatrice, che era deliziata dalla sua semplicità e frugalità. Se vuole metterla in azione, mandatelo dalla governatrice a dire la parola che più ama, Acconsento.”

“E poi?” chiesero i novizi.

“Portate indietro la sua testa codarda in un cesto” disse Suku. “Giacché se deve rotolare, prima accadrà, meglio sarà per tutti.”