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Caso 125

Energia

È compito degli abati del Tempio dirigere le attività dei rispettivi clan: scegliere i progetti, impostare le scadenze, distribuire i compiti e impiegare ogni mezzo necessario per far sì che le tabelle di marcia siano rispettate. È per via di questi poteri che gli abati sono invidiati e disprezzati. Ovviamente, è raro che le strade dell’abate e del monaco si incrocino senza che quest’ultimo resti immiserito dall’esperienza.

Per questo, fu senza gioia che il monaco anziano Shinpuru ricevette la visita del nuovo abate capo del Clan del Ragno.

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Shinpuru si trovava nella serra del tempio, prendendosi cura delle piante di un piccolo giardino d’inverno che curava per passatempo, quando l’abate capo si avvicinò e si inchinò, dicendo: “Ho la grande fortuna di essere in presenza del monaco Shinpuru, il cui codice è ammirato in tutto il Tempio?”

“Quest’anima miserabile sono io” disse Shinpuru, restituendo l’inchino.

“Sono venuto a chiedere se hai mai pensato al futuro” disse l’abate.

“Mi aspetto che domani il sole sorga” disse Shinpuru. “A meno che non mi sbagli, nel qual caso non lo farà.”

“Stavo pensando del tuo futuro, in particolare” rispose l’abate.

“Se il sole non sorge, il mio futuro sarà l’ultimo dei miei problemi” disse Shinpuru. “Se sorge, allora mi aspetto di salutarlo godendomi una piccola ciotola di riso e anguilla. A meno che non mi sbagli, nel qual caso non lo farò.”

L’abate sorrise. “È vero, dunque, che il monaco Shinpuru pianifica per ogni evenienza. Questo anche è il motivo per cui sono venuto. Ultimamente c’è stata una morìa di abati nel Clan del Ragno.* Il tempio desidera conferirti l’onore di essere promosso entro i nostri ranghi.”

“Sono onorato” disse Shinpuru, inchinandosi nuovamente.

“Il lavoro è difficile” continuò l’abate. “La nostra giornata inizia molto prima dell’alba, che sarai raramente in grado di salutare a tuo piacimento, giacché ci sono molte riunioni a cui partecipare e corriamo con le nostre ciotole dall’una all’altra. Allo stesso modo, spesso non sarai in grado di vedere il tramonto, tranne forse che su una webcam. In cambio, riceverai un compenso maggiore dai forzieri del Tempio, e il potere di dirigere le attività del Tempio stesso.”

“E cosa ne sarà di ‘Shinpuru, il cui codice è ammirato in tutto il Tempio’, quando non scriverà più codice?” chiese il monaco.

“Non temere!” disse l’abate. “Farai quello in cui hai sempre eccelso, solo a un livello superiore: meta-codifica, per così dire. Invece di disegnare documenti produciamo piani a lungo termine; invece del software sforniamo tabelle di marcia; invece di difetti e funzionalità parliamo di costi e benefici. Il Tempio stesso è la macchina su cui pratichiamo le nostre arti, rifatorizzandola come meglio crediamo.”

“Una causa meritevole” disse Shinpuru, tornando a occuparsi delle sue viti. “Anch’io ho notato la morìa di abati. Tale è il prezzo del potere. Come una volta la matriarca marinara Subashikoi ha osservato, i monaci possono comandare l’armamento e i maestri possono comandare i monaci, ma sono gli abati che stabiliscono la rotta e che tengono il timone; allo stesso modo, sono gli abati che vengono consegnati agli abissi quando la nave affonda—spesso dal loro stesso equipaggio.”

“Solo gli stolti vanno incontro a un tale destino,” disse l’abate. “E il monaco Shinpuru non è uno stolto. A meno che io non mi sbagli, ma sbaglio raramente su certe questioni.”

“Allora non penserete che sia uno stolto perché ho declinato la generosa offerta del Tempio” disse Shinpuru, potando alcune foglie gialle.

L’abate capo si accigliò. “Cosa dovrebbe pensare Shinpuru di un seme che si è rifiutato di germogliare, o di un albero che si è rifiutato di dare frutti? Cos’altro dovrei pensare io di un monaco che declina così velocemente un’opportunità per la crescita, per il comando, per il potere?”

Shinpuru mise da parte le sue cesoie per legare la vite. “Definite potere” egli disse.

“L’abilità di fare ciò che uno desidera” disse l’abate.

“Bene, dunque” disse Shinpuru. “Domani voglio salutare l’alba con la mia piccola ciotola. Poi voglio sorseggiare del tè caldo alla mia postazione di lavoro mentre leggo i siti tecnici che trovo maggiormente illuminanti. Dopodiché ho davanti a me una felice giornata di fruttuosa programmazione interrotta solo da alcune piacevoli conversazioni con i miei compagni e un pasto di mezzogiorno proprio qui, curando il mio giardino. Quando cade la notte voglio trovarmi nella mia stanza accogliente con una pancia piena di riso, una tazza piena di sake caldo, una borsa piena di soldi sufficienti per comprare altri semi e una mente vuota di ogni altra preoccupazione.”

L’abate si inchinò. “Immagino che Shinpuru abbia tutto il potere che egli possa desiderare, dunque. A meno che non ti sbagli.”

“Raramente sbaglio su certe questioni” disse Shinpuru, prendendo nuovamente le sue cesoie mentre un’altra foglia gialla catturava il suo occhio. “In un mondo dove perfino il sorgere del sole è incerto, un uomo può essere scusato per la sua ignoranza di molte cose. Ma non conoscere il mio cuore? Spero di non essere mai uno stolto di tale portata.”

* Come documentato nei casi 61, 62, 67, 120, e altri ancora, gli abati del Clan del Ragno hanno l’aspettativa di vita media di un delfino nel deserto del Gobi.