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La monaca Satou trovò il maestro Kaimu e disse: “Dal sibillino maestro Bawan ho imparato che il caching è un cannone di ferro: seducente al tatto, facile da caricare, difficile da puntare e mortale in seguito a una manovra sbagliata.” Kaimu rispose: “Le nostre dieci dita sono la pietra focaia e l’acciaio, e la tastiera è la nostra miccia.” La monaca continuò: “Dall’infelice maestro Banzen ho imparato che certe armi dovrebbero essere usate solo con riluttanza: dopo un lungo studio, se possibile, oppure dopo un’ignominiosa sconfitta.” Kaimu rispose: “Il soldato che ha perso due dita starà attento a dove mette le altre otto. È il suo compagno con una collezione completa di polpastrelli che perderà un arto per primo.” La giovane monaca rabbrividì e disse: “Per questo ho paura del caching. E non avendo tempo per uno studio attento, voglio evitarlo insieme a tutti gli strumenti che lo usano. Come posso fare?” Kaimu rispose: “Non immagazzinare dati: non in un file, non in un database, non nella più transitoria delle variabili. Cos’è ogni dato se non un singolo eco congelato dell’Incessante Coro del Mondo Esterno? Quando incidiamo una nota nel ghiaccio, che prova abbiamo che venga ancora cantata oltre le nostre mura di silicio? Persino la più insignificante delle Impostazioni Utente dovrebbe essere ottenuta direttamente dall’Utente quando ce n’è bisogno, per essere certi che rispettiamo il suo volere.” La monaca inarcò un sopracciglio. “Ho cercato l’aiuto di Kaimu perché volevo evitare errori. Perché il maestro si prende gioco di me?” Kaimu afferrò il suo pollice e disse: “Hai cercato l’aiuto di Kaimu perché volevi evitare di perdere un braccio. Ma fatti coraggio, soldato! Un dito su due è già perso.” Tradotto da Alessandro Desantis. Un estratto da The Codeless Code, di Qi (qi@thecodelesscode.com). Distribuito sotto l' Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported License. |